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ASSOLO DOMICILIARE di Salvatore Puglisi

Aggiornamento: 7 apr 2020

ASPETTANDO IL SUONO DELLE NOSTRE TROMBE

Nel freddo in cui gli ultimi giorni di marzo ci hanno ricatapultato – nel sole silenzioso con cui ci ha accolto aprile attraverso le ringhiere dei balconi – nel silenzio delle strade e nelle parole sussurrate in fila al supermercato – nello sferragliare del tram vuoto che dall'insonnia dei nostri letti sembra un treno che rallenta nei pressi di una stazione – nell'incapacità di dare un senso alle giornate e al tempo, il tempo che scorre quatto quatto attraverso le nostre giornate sonnolente e si fa fatica a dormire di notte e si fa fatica ad essere vitali durante il giorno – nel cibo che non dà più nessuna soddisfazione e nelle serie netflix che scorrono senza intaccare minimamente la memoria, una puntata dietro l'altra che cade nel dimenticatoio – nel fare colazione mentre si ascolta la prima ora di lezione di L. e i suoi studenti che si sono appena alzati – nell'importanza di vestirsi appena si aprono gli occhi, vestirsi per iniziare un'altra giornata, vestirsi per andare in cucina e poi spogliarsi e mettersi in tenuta da casa prima di sedersi per la cena su un divano davanti ad uno schermo che proietta intrattenimento fugace – nel fare le scale e non prendere l'ascensore – nel disagio che si ha appena si mette un piede sul marciapiede – nei numeri che ti confondono, che non ascolti – nei live instagram e nelle videochiamate ormai diventate insopportabili – nell'entusiasmo iniziale e nel torpore che non si ferma – nei ricordi che planano davanti gli occhi sbarrati sotto le coperte – nel tabacco da comprare e nella marijuana che sta per finire – nell'alcol che aiuta e nell'alcol che non aiuta ma in fondo aiuta lo stesso – nel viaggio verso il panificio che diventa un'esperienza da vivere in pieno – nel vuoto dei miei pensieri, nel vuoto delle mie giornate – nelle introspezioni che non ricevono tregua e nella convivenza che ti salva la vita – nella vita degli altri che spiamo attraverso i vetri delle nostre e delle loro finestre – nei bambini che corrono sui lunghi balconi – nei monitor che sono sempre accesi – nella voglia di voler ribaltare casa e nell'incapacità di agire – nella paura di uscire da casa, nella paura di rimanere chiusi in casa, nella paura di non sapere più come comportarsi quando si uscirà da casa – nei rider di glovo, l'unico movimento nella notte di Milano – nella confusione totale e nei mal di testa da ambiente chiuso – nelle dirette di tutti i tipi – nelle challenge che creano comunità e nelle macchine della polizia che dominano le strade – nella mercificazione dell'arte – nella democratizzazione dei contenuti culturali e nel marasma delle proposte – nell'inutilità delle proposte, nell'inutilità della speranza – nello sconforto e nella speranza una lieve ragione di vita – nelle prospettive che non esistono – nel "torneremo come prima" che forse non va proprio bene perché sarebbe un po' come dire "torneremo peggio di prima" – nel frastuono delle nostre emozioni che scorrono senza la capacità di riuscire a leggerle del tutto – nell'attività fisica che dà un tono alla giornata e ci fa sentire vivi – nel fare l'amore che ci riporta ad un'estasi primordiale – nelle risate liberatorie di L. con i suoi alunni – nell'assenza – nei cattivi pensieri – nei sogni del mattino e nelle giornate che sembrano non essere esistite – nella cassa integrazione che dovrebbe partire ma non sappiamo quanto e quando arriverà – nel non sapere quando vedrò il prossimo stipendio e nella sirena dell'ambulanza che taglia le vie di questa città e ammutolisce tutti dentro le proprie case – nelle campane che suonano nelle domeniche mattina grigie e ventose – nei ponteggi abbandonati ai palazzi e in quegli stessi palazzi che vorrebbero salpare spinti dal vento – nelle autocertificazioni, che poi in fondo non si è capito bene come utilizzarle – nelle autocertificazioni che diventeranno i reperti di questo pezzo di storia – nei cieli limpidi che sfrontati ci guardano chiusi nelle nostre case – nei cieli stellati che avevamo dimenticato cosa fossero e nello stupore che c'è nel vedere degli animali alle prese con quello che era il nostro habitat e che prima ancora era il loro – nel pallore delle nostre facce e nelle nostre occhiaie che solcano i visi – nella noia che ci assale trovandoci inermi – nelle file al supermercato che cambiano posizione in base alla posizione del sole – nella luce del tramonto che dipinge attimi di magia – nei riflessi dei lampeggianti blu sui binari notturni dei tram - nelle file davanti Picard e i suoi camion che non smettono di caricare e le case delle persone stipate di surgelati – nelle corse verso la macchinetta della sigarette dopo l'ascolto di ogni decreto, con la paura che chiudessero i tabacchini – nelle dipendenze di stato che vengono colmate – nel delirio delle dipendenze abbandonate – nei tutorial sul come lavarsi le mani e nella macchina della polizia locale che da lontano arriva diffondendo una voce robotica che invita a non uscire, a non creare assembramenti – nelle celle telefoniche utilizzate per controllare gli spostamenti della popolazione – nelle fabbriche inutili che rimangono aperte – nelle aziende che, come in periodo di guerra, trasformano le loro catene di produzione – nelle lezioni di L. che origlio da dietro un pilastro e mi portano con Dante dall'inferno al purgatorio fino al paradiso passando per la seconda guerra mondiale, il risorgimento, Pirandello con le sue maschere e Svevo col suo essere inetto, e la Resistenza e la difficoltà a spiegarla – nelle dirette dal divano di libraie che non smettono di fomentare la lettura e nel record di dj set più lungo della storia, trecentoquaranta ore di bassi spinti nella quarantena dell'etere – nelle raccolte di fondi per la sanità che per decenni abbiamo smembrato – nelle persone che vedono nell'annullamento delle proprie libertà individuali l'unica via d'uscita – negli sceriffi da tastiera che condannano la spensieratezza – nell'epoca del distanziamento sociale e le inaugurazioni di ospedali d'emergenza con centinaia di persone a celebrarle – nel lievito di birra che non c'è negli scaffali ed un popolo diventato un popolo di panificatori – nelle cuffie che pompano i 180bpm sonorizzando i nostri rave interiori – nei posacenere ricolmi che non hanno neanche il tempo di essere svuotati – nei vicini conosciuti in un brindisi da un balcone ad un altro – nell'ammaliante suono dei tasti di tastiere che non smettono di parlare e nel fruscio di pagine di libri che avvolge la stanza – in Vasco Pratolini, Yukio Mishima, Franz Kafka e chi sa chi altro arriverà – nel capitano Achab che rispunta dalle superfici della vasca da bagno – nella solitudine – nella coppia che si conosce più a fondo – nel tempo che si è dilatato – nello spazio che si è ristretto – nelle giornate lisergiche e nelle sbronze cattive – nelle endorfine che fanno fatica ad avere la meglio – nell'assuefazione alla monotonia – nella Noia, grande madre di quest'isolamento – negli spacciatori che danno appuntamento nelle file dei supermercati – nei posti di blocco in autostrada – nelle tazzine di caffè sempre pronte per essere riempite - nei divani che non smettono di accoglierci – nello scintillio notturno sui fili del tram sotto la pioggia. In tutto questo ed in infinite altre immagini intreccio i miei sogni, assopiti in visioni sconnesse, e il germoglio di questa primavera domiciliare – aspettando il suono delle nostre trombe.

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